Il Break Even Point



Il Break Even Point (o punto di pareggio) è un concetto sviluppato nell'ambito della contabilità analitica, elaborato nell'ambito della determinazione del punto di pareggio per le imprese industriali nello sviluppo di un prodotto, ossia la quantità necessaria che deve essere venduta affinché la produzione del singolo articolo possa essere in utile.

Nell'ambito della gestione aziendale è molto utile riprendere questo concetto applicandolo all'azienda nel suo complesso, oppure ad un ramo di azienda, anziché ad un prodotto. In poche parole si va a considerare l'azienda alla pari di un articolo, che sotto una determinata soglia di vendite produce una perdita e sopra questa soglia produce un utile.

Per parlare del Break Even Point, dobbiamo introdurre una fondamentale distinzione tra costi fissi e costi variabili. I costi fissi sono quei costi che, come dice la parola, sono fissi, ossia non cambiano, o per lo meno non in maniera significativa, al variare del fatturato: ad esempio gli affitti, gli ammortamenti, i leasing, generalmente il costo del personale generico, le utenze, le consulenze fiscali, e così via. I costi variabili sono invece quei costi che sono più o meno correlati all'andamento del fatturato, aumetano al crescere del fatturato e diminuiscono quando il fatturato cala: ad esempio il costo del venduto (merce e materie prime), il materiale di consumo, le lavorazioni appaltate a terzi sui prodotti venduti, le provvigioni, spesso le spese di trasporto sulle vendite, ecc., ecc..

Al di sotto di una determinata soglia di fatturato, i costi fissi incidono in maniera prevalente, assorbendo e superando i margini di ricarico, determinando pertanto una perdita di esercizio, mentre una volta superata la soglia l'azienda presenta un utile di esercizio. Il diagramma qui sotto aiuta a comprendere il concetto:


Grafico Break Even Point



Il grafico, come detto mutuato dalla contabilità industriale, nel nostro caso deve essere letto considerando l'asse delle ascisse (X, linea orizzontale) per il fatturato e l'asse delle ordinate (Y, linea verticale) per le spese di gestione (costi sostenuti dalla società). La linea del fatturato sale progressivamente dallo posizione 0,0 (l'angolo in basso a sinistra) con un'angolazione più marcata; la linea dei costi parte da un punto più alto, rappresentato dai costi fissi, ma con un'inclinazione meno marcata, rappresentata dai costi variabili. Al punto di pareggio (BEP, Break Even Point) le due rette si incrociano, formando due triangoli, quello di sinistra rappresenta l'area di perdita, quello di destra rappresenta l'area di utile.

Il reddito (total revenue, attenzione che nel grafico potrebbe sembrare che il reddito coincida con i ricavi, mentre è la differenza tra ricavi e costi!), che sarebbe più corretto indicare invece come risultato di esercizio, è pertanto dato dalla differenza tra ricavi e costi, ed è come detto positivo una volta superato il Break Even Point (profit = utile, triangolo verde) e negativo fintanto che la soglia minima di ricavi non è stata raggiunta (loss = perdita, triangolo arancione).

La spiegazione è relativamente semplice: i costi variabili rappresentano, naturalmente, solo una parte del margine di ricarico o di produzione (altrimenti l'azienda sarebbe sempre e comunque in perdita!), la rimanente parte del margine deve coprire i costi fissi, prima che l'azienda possa essere in utile. Poiché i costi fissi sono, per l'appunto, fissi, occorre un livello minimo di fatturato perché il margine che residua dopo la copertura dei costi variabili consenta all'azienda di coprire tutti i costi fissi.

Diventa pertanto fondamentale per l'azienda calcolare e conoscere il proprio Break Even Point, ossia il proprio punto di pareggio, in poche parole l'ammontare minimo di ricavi affinché, con l'attuale impostazione della gestione, l'azienda copra tutti i costi di gestione e da lì in poi sia in utile.

Tuttavia ancora più importante è analizzare la propria impostazione della gestione, perché per alcune voci si potrebbe eventualmente valutare di gestirle in maniera differente, passando da costi fissi a costi variabili o vice versa. Certamente non è possibile per tutte le voci di spesa, ma pensiamo ad esempio ad alcune casistiche: la consegna dei prodotti venduti può essere gestita con propri automezzi e proprio personale, oppure incaricando vettori esterni (padroncini) o ancora affidando la merce a corrieri; la promozione commerciale potrebbe essere gestita tramite dipendenti o tramite agenti; e così via.

Come sempre, in assoluto, non ci sono soluzioni migliori e peggiori: ogni impostazione della gestione, privilegiando maggiormente i costi fissi o variabili, ha i suoi vantaggi ed i suoi svantaggi. Semplificando, potremmo dire che i costi fissi permettono generalmente una maggiore stabilità ed un risparmio oltre certe soglie di fatturato, a costo però di una maggiore rigidità della gestione e quindi di un maggiore rischio di impresa; i costi variabili permettono all'azienda di essere più flessibile, e di adattarsi di conseguenza meglio ad eventuali diminuzioni di fatturato, con un minore rischio di impresa, a costo però di una gestione meno stabile di questi servizi, generalmente affidati a terzi, e ad una maggiore onerosità al crescere dei ricavi.

Tanto maggiori sono i costi fissi, rispetto ai costi variabili, tanto maggiore dovrà essere la soglia minima di ricavi affinché la società chiuda il bilancio in utile e non in perdita. Naturalmente questa soglia, ossia il Break Even Point, è direttamente correlata anche ai margini di ricarico o di produzione, tanto maggiori sono questi ultimi tanto più basso sarà il punto di pareggio ed il relativo fatturato da raggiungere.

In conclusione assume la massima importanza la consapevolezza nell'impostazione della gestione in modo che l'imprenditore, con tutti gli elementi in mano, possa poi prendere le decisioni migliori, in base alla propria strategia ed alla propria visione imprenditoriale che è necessariamente differente per ciascuna azienda.